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Molto tempo fa, durante una sanguinosa battaglia, il Signore non-morto Jona Geldaor dona una seconda possibilità ad un cavallo morente, scoprendo di poter creare la vita oltre che a toglierla.

Nascita di Cenere

Esisteva un tempo di eroi e grandi battaglie. Esisteva un tempo in cui immensi eserciti si affrontavano in grandi pianure aride, irrompendo come improvvise onde che si infrangevano tra loro, e che si lasciavano alle spalle solo sangue, ferro, ruggine e polvere. In alcune di queste guerre, l’esito finale non si sarebbe conosciuto sino all’ultimo istante: una delle due schiere avrebbe infine vinto, seppur con grande sofferenza e molte perdite. In altre, non ci sarebbe stato mai un vincitore, quando entrambi gli eserciti si decimavano a vicenda al punto da non lasciare nessun sopravvissuto che potesse proclamare vittoria. Ma in altre ancora, la schiera vincitrice era prescelta dall’inizio. Si parla della battaglia di Har, svoltasi in una grande terra dall’aspetto pallido e malato, durante cui omier ed ilien si scontrarono per il mero movente dell’odio. Fu una battaglia talmente violenta che gli omier cavalieri abbandonarono archi e destrieri, e gli altier spadaccini si lasciarono alle spalle persino le preziose lame per combattere con le nude mani. Lo scontro si generò nel tardo pomeriggio, ma il numero di guerrieri di entrambi gli eserciti era così elevato che esso proseguì fino al rosso crepuscolo, perdurò nella gelida notte, e le due schiere si trovarono ancora a lottare alla luce dell’aurora. Quel giorno, però, l’alba dovette aspettare. L’ombra calò di nuovo sulla spoglia terra, mentre il roseo sole veniva coperto da una montagna che rapida si innalzava nel cielo soprastante.
Alcuni gridarono; altri fuggirono. Varjego era giunta, e a lei spettava il verdetto.
Dalla nera fortezza celeste scese rapida in picchiata una scura sagoma alata, e si rivelò trasportare un cavaliere. Quando egli arrivò a terra, il tempo sembrò fermarsi, e tutti quelli attorno smisero di combattere per osservare, in segno di ammirazione ma soprattutto per timore, il Signore di Varjego che si ergeva immobile e freddo come la statua di un antico dio, che osservava lo spazio attorno a lui.
Gli Omier gridarono: <<Il Cavaliere Morto è giunto tra i vivi! Possa questo massacro concludersi ora! Morte agli Ilien!>>, e per un’ultima volta caricarono, travolgendo violentemente i molti nemici.
Il Cavaliere non si mosse di molto; avanzò composto e lentamente, calpestando la mistura di fango e carne che ormai andava a formare la superficie del campo; agitò piano la pallida spada, e la puntò nella direzione degli altier ispirando, tra gli omier: tutti, sia vivi che morti, si affrettarono a partecipare all’assalto finale. Gli Ilien inorriditi si trovarono a combattere contro guerrieri di carne e guerrieri di ossa, e presto perirono tutti.

La guerra finì. Il Signore di Varjego rifonderò la spada, e i morti tornarono a dormire. Gli Omier vivi urlarono tutti assieme, gridando vittoria e alzando le lame al sole del giorno.
Al Cavaliere si avvicinò un Omir più grande degli altri, che indossava una robusta armatura d’oro. Parlò con voce grave: <<Sir Jona, ritengo l’accordo mantenuto.>>
Il Cavaliere sospirò, scrutando la terra che era ormai diventata un cimitero. <<Ritengo, lord Parsec, che la mia parte dell’accordo sia stata mantenuta Ora essa ancora esige la ricompensa promessa.>>
Parsec osservò Jona in tono di sfida, poi agitò la testa nervosamente, e infine rise annuendo. <<Ma certo, certo>> ed estrasse una piccola pergamena logora dalla cintura, prima nascosta dal mantello cremisi <<Jona, ormai siamo amici, non trovi?>>.
Il Cavaliere smise di fissare il campo di battaglia e si rivolse all’Omir, prendendo la pergamena. <<No, Parsec>> - e tornò a guardare il campo - <<non con la morte si diventa amici.>>.
Parsec sembrò deluso, e osservò Jona mentre si avviava lentamente verso un punto imprecisato, scavalcando corpi e armi. <<Spero di tornare a fare affari con te!>> gli gridò da lontano.
Jona non parve ascoltarlo. Si arrestò davanti ad un cavallo, steso, ucciso dalla guerra, ma non del tutto. Era di un colore bianco pallido, malsano. Cercava di muoversi. Stava ancora soffrendo. Jona provò una grande confusione. Perchè si preoccupava per un cavallo? Perchè si preoccupava per un animale? Perchè si preoccupava per un essere vivente?
Ma era troppo tardi per pensare. L’unica forza che muoveva Jona in quell’istante era la volontà di salvare la creatura.
Estrasse la spada pallida, Heiris Dominaossa, e si avvicinò all’animale morente.
<<Per molti, questo giorno ha segnato la loro fine. Ma per te, questo giorno segnerà un nuovo inizio. Cenere ti chiamerò, respira, e torna a camminare nel mondo dei vivi!>>.
In quel momento Varjego, che si era spostata di molto, lasciò spazio al sole dell’aurora prima negata, e Jona si sentì permeare di calore, come se avesse vissuto solo due volte in tutta la sua esistenza. Si ricordò del giorno in cui aveva salvato Sin nella foresta.
Non è forse per questo che siamo qui? Per migliorare le cose?
<<Guardate>> disse un Omir ai compagni, che assieme a Parsec guardavano la scena. <<Il Signore di Varjego ha un nuovo destriero.>>